Cos'è la sicurezza urbana
La questione della sicurezza urbana occupa, ormai da diversi anni, un ruolo importante nell’opinione pubblica, nel dibattito politico sul governo delle città e nella riflessione sociologica e criminologica. A partire dall’inizio degli anni ’90, quando uscì a Bologna il primo numero di una rivista dal significativo titolo di «Sicurezza e Territorio» - per iniziativa di un gruppo di amministratori, giornalisti, ricercatori, operatori sociali - il tema è andato assumendo una rilevanza crescente, fino a diventare oggetto in maniera diffusa e ormai sistematica delle politiche pubbliche locali.
La sicurezza urbana da un lato si impone come fenomeno sociale, che si manifesta diversamente nelle varie realtà del paese, che si trasforma nel corso degli anni e che viene associato ad una vasta gamma di problematiche locali e globali. Dall’altro essa diviene una «entità politica», cioè un oggetto di volontà politica e di programmi di azioni finalizzate alla sua gestione, il cui peso nell’agenda e nella conflittualità politica e nel dibattito istituzionale sul ruolo delle autonomie locali è andato man mano crescendo (si pensi soltanto alla rilevanza che la questione delle polizie locali e della prefigurazione di un livello regionale di politiche di sicurezza ha avuto nelle recenti riforme costituzionali e nel dibattito sulla cosiddetta devolution). L'interesse che il tema presenta - da diverse prospettive e per soggetti diversi - ha fatto sì che esso sia diventato rapidamente nel nostro paese, come era successo in precedenza in altri contesti, una delle questioni più significative nella vita politica e culturale.
Nonostante questa rilevanza, il termine «sicurezza urbana», che oggi viene utilizzato abitualmente in diversi contesti e a cui viene attribuito un significato almeno apparentemente condiviso, è in realtà assai più problematico di quanto non appaia dall’uso pubblico che se ne fa.
L’uso della specificazione «urbana» serve a più scopi. In primo luogo, essa vuole attribuire alla sicurezza una nuova accezione che la distingua dai concetti tradizionali di «sicurezza e ordine pubblico» e intende evidenziare l’affermarsi di una sicurezza che non è più soltanto garanzia di una assenza di minaccia, ma anche attività positiva di rafforzamento della percezione pubblica della sicurezza stessa. Secondariamente, l’aggettivo «urbana» richiama in maniera esplicita il luogo ove si manifestano oggi problemi rilevanti di insicurezza e dove è necessario concentrare gli interventi. Il riferimento al contesto urbano, tuttavia, allude anche agli attori istituzionali che hanno la responsabilità, a livello locale, di farsi carico dei problemi dei cittadini - compresi quelli relativi al rischio oggettivo di vittimizzazione e alla percezione dell’insicurezza - cioè gli amministratori delle città. Definire la sicurezza come un problema urbano serve, infine, a affermare un nuovo ruolo di soggetti istituzionali (comuni e regioni) che non hanno mai avuto competenze e responsabilità dirette nella prevenzione e nel contrasto della criminalità (non è un caso, infatti, che il tema tema della sicurezza urbana si è intrecciato - nel nostro paese più che altrove - con la questione della riforma federalista dello stato o, più modestamente, del riconoscimento di nuovi compiti al sistema delle autonomie locali). Da un'altra prospettiva, tuttavia, l’utilizzo della qualificazione «urbana» mette in ombra le relazioni profonde che molti di questi fenomeni hanno con livelli decisamente globali: si pensi soltanto al tema della prostituzione o dello spaccio di droghe, tanto rilevanti a livello locale quanto inestricabilmente legati a questioni che sono spesso di criminalità transnazionale.
Si comincia così ad intravedere quanti aspetti problematici e complessi stiano dietro il concetto - tanto diffuso da apparire ormai di senso comune - di «sicurezza urbana».
(Testo tratto da R. Selmini, Introduzione a «La sicurezza urbana», Bologna, il Mulino, 2004)